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Passito di Pantelleria: produzione, curiosità e abbinamenti


A cura di Dorhouse

La storia del Passito di Pantelleria

Circondata da un’aura quasi magica, ancestrale, la produzione del Passito nell’isola si fa risalire a oltre duemila anni fa, quando nel 200 a.C. il generale cartaginese Magone descriveva la produzione della forma primitiva dell’oro di Pantelleria.


Dove si produce

Il disciplinare è molto severo. Tutto deve avvenire sull’isola. Non solo le uve devono essere prodotte a Pantelleria, anche tutti i passaggi di vinificazione devono essere svolte sull’isola, compreso l’appassimento delle uve e l’imbottigliamento. Nel 2014, l’Unesco ha riconosciuto la Vite ad Alberello di Pantelleria tra i Beni immateriali dell’umanità.

Il paesaggio è profondamente modellato dalla coltivazione della vite e l’uomo qui ha saputo integrare natura e prodotto. Il tipo di coltura è unico e si chiama ad alberello basso. Le piantine sono in una conca, una sorta di grande buca nel terreno, sotto il livello del mare per proteggerle dallo scirocco che soffia sull’isola, dalla salsedine e trattenere l’umidità. Per tutti questi motivi, la viticoltura qui si è meritata l’aggettivo di eroica. Ogni passaggio avviene a mano perché i terrazzamenti sono spesso scoscesi e il lavoro è tre volte superiore rispetto a quello richiesto da un vigneto su terraferma.


Come avviene la produzione

Per la produzione del Passito di Pantelleria si utilizzano esclusivamente uve della varietà Zibibbo. La vendemmia, a settembre trova la terra arida e la produzione è scarsa: solo un chilo e mezzo per pianta, per una produzione massima consentita di 10 quintali per ettaro. La produzione media è di 70-120 quintali per ettaro. Ecco perchè “eroica”. Dopo la raccolta, i grappoli migliori vengono selezionati e posti a essiccare nello “stinnituri”, un essiccatoio, lo stesso che si usa per la produzione di pomodori e fichi secchi. L’essiccazione però può avvenire lasciando i grappoli sulla pianta.

Il Passito di Pantelleria viene, in tutto o in parte, prodotto con uve sottoposte a questo tipo di appassimento che, di solito, dura una ventina di giorni, fino a quando il peso dell’uva, per effetto del caldo e del vento, si riduce al 60% rispetto a quello iniziale. Poi le uve vengono pigiate e messe a riposare per alcuni mesi, solitamente in contenitori di acciaio.

Il Passito di Pantelleria, per legge, non può essere immesso al consumo prima del 1° luglio dell’anno successivo alla raccolta delle uve. Questo vino può essere imbottigliato esclusivamente in contenitori di vetro, dotati di tappi di sughero, a partire da 0.375, 1 litro sino a un litro e mezzo. È un vino costoso e va centellinato.


Il Passito di Pantelleria: gli abbinamenti

Ci ammalia già per il suo bel colore giallo dorato dai riflessi ambrati. Il profumo è fruttato ed aromatico e ricorda i fichi secchi e la frutta matura. Si possono intuire sentori di arancia candita, dattero, miele, uva passa e mirto e non manca un senso di lieve piccantezza.

Al palato è cremoso, imperlato dalla fine dolcezza della confettura e del miele, e rinfrescato dalla nota agrumata. Il modo migliore per gustarlo è freddo, alla temperatura di 10-12°C.

Eccellente con la piccola pasticceria e biscottini a base di pasta di mandorle e con torte e crostate, così come con la grande pasticceria siciliana. Contrasta piacevolmente con dolci a base di confetture acidule come ribes, frutti di bosco o marmellate di agrumi. Ama i formaggi erborinati o piccanti ed è un classico con il foie gras. È considerato un grande vino da “meditazione”, ossia da sorseggiare.


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